… un uomo fedele

 

di Francesco Rossi

L’ultimo incontro all’ospedale. La voce sibila fievole, stentorea, quasi inafferrabile.
Solo gli occhi, lucidi di febbre, e le inani agitate, sono espressivi e comunicanti l’ultimo messaggio.
Il ricordo di sessant’anni di amichevole convivenza, l’amicizia nata sui banchi di scuola, le battaglie affrontate e sofferte quotidianamente parlano e comunicano da sole.
Ricordo i primi giorni del settembre 1931. Entrambi appoggiati alle finestre del refettorio dei superiori a Benevagienna. Le nostre mamme sono appena partite lasciandoci le ultime raccomandazioni. Un nodo alla gola, una malinconia crescente.
“Come ti chiami?”. “E tu?”.
Non fu Battista a lanciare la sfida a una partita a bocce. Lui, “mancino”, quasi impacciato quando tirava al boccino senza risultati. Rosso in faccia perché a nessuno piace perdere.
Poi il primo suono di campana. L’ora di pranzo. Il primo pasto collegiale preparato dalle suore del Cottolengo e servito a tavola dal “prefetto”.
Due piatti in uno: una porzione di risotto accompagnato da quattro pezzettini di carne, appartenuti a una bovina di fine carriera. Una carriera sicuramente lunga!
In quella porzione di riso, in verità buono e appetitoso, consumato sotto il controllo di un anziano sacerdote che badava all’ordine e leggeva (noi in silenzio) un brano del Vangelo o un capitolo di un pio e castigato romanzo, affondano le radici di un’amicizia che non venne meno.
Ricordo le passeggiate del giovedì pomeriggio a scivolare insieme sul ghiaccio di un torrente. Sempre di corsa per vincere geloni e raffreddore. All’epoca cravatte, eravattoni e cappotti non andavano di moda.
(1978 – Con gli ex-allievi del 25°di diploma)

Ricordo una lezione di matematica a Foglizzo Canavese. Ore 11,15. In cattedra don Scotti, un illustre biologo, matematico e medico, approdato a don Bosco dall’Università di Genova. Il compagno di banco del chierico Battista chiamato improvvisamente alla lavagna, dimentica (!) sul banco biposto una scatoletta di “Dolce Euchessina”. Mentre alla lavagna è intento a ridurre al comune denominatore alcune frazioni, inorridito, vede l’amico Battista che allunga ripetutamente le mani sui confetti purgativi. Il male di pancia viene completato da due cucchiai di olio di ricino. Il solerte infermiere dell’Istituto curava tutti i malanni: unghie sbucciate, foruncoli, incipienti raffreddori ecc. con una buona sistemazione all’intestino.
Pochi giorni prima di morire, trova ancora il tempo di scherzare: “Sei venuto a portarmi l’Euchessina?”.
Penso alle nostre strade: due parallele con frequenti contatti, con buona pace della fisica insegnata da don Pelle. Insieme in liceo, insieme all’università nella stessa Facoltà di Agraria, insieme a Lombriasco, fianco a fianco in refettorio a consumare riso i n bianco.
Dal 1955, quando fu commissario d’esame presso l’Istituto Tecnico Agrario di Canicattì, in Sicilia, don Battista non assaggiò più la pasta, comunque fosse condita.
Come il sottoscritto insegnò Chimica agraria, in particolare Enologia ai periti.
Era un fine assaggiatore, sensibile alle attrazioni di un buon bicchiere.
Del buon vino da pasto ebbe i difetti, ma soprattutto i pregi. Il vino è “tiri equilibrio di molteplici componenti”. Colore, alcool, acidità, profumo, giustamente dosati soddisfano il palato, la vista e le papille gustative.
Quando l’enologo-architetto sa fondere con intelligenza e gusto i vari componenti, li sa legare e armonizzare come fa la glicerina, il vino è gradevole, sia si tratti di un bicchiere di Dolcetto di Diano d’Alba o un bicchierino di Brunello di Montalcino.
Don Battista fu un uomo ben armonizzato, senza spigolature, generoso, sincero e paziente. Come i vini di certe annate meritò e seppe invecchiare bene.
Una fila continua di persone passò all’ospedale di Carmagnola a incoraggiare e salutare l’amico sacerdote e a riceverne l’ultima benedizione. Le lacrime non nascoste di tante persone, espressione di condoglianza verso i Salesiani di Lombriasco che hanno difficoltà a capire e a rassegnarsi alla assenza di don Battista, accompagnarono il fedele soldato nel ritorno al quartiere di origine dopo le sofferenze e le gioie di tante battaglie perse e vinte.

“Caro Battista ora hai abbondante tempo a disposizione. Allenati a tirare al boccino. Quando Dio vorrà avremo l’opportunità di fare tante gare alle bocce. Per incoraggiarti ti lascerò vincere qualche partita”.