Il La del Diapason

In Russia al tempo di certe purghe politiche molto drastiche, per discriminare le classi nobili e borghesi, si teneva un sommario giudizio, basato su un solo esame: le mani. Coloro che sulle mani non portavano i segni di un lavoro manuale erano, seduta stante, classificati tra fili aristocratici e spediti in Siberia.

Abbiamo sperimentato un criterio altrettanto semplice, anzi infallibile, per giudicare chi incontriamo sotto i porticati o lungo i viali dell’istituto. Un vero exallievo che ritorna ha un sorriso sul volto che manifesta una cordialità lieta e rasserenante. E il segno che è un ex di razza. Vi assicuriamo che è una constatazione sorprendente.

Abbiano provato e abbiamo capito molte cose.
Abbiano capito, per esempio, che l’amicizia che noi abbiamo con gli exallievi è una vera forza morale.
Abbiamo capito che se qualcuno ha il coraggio di dire: “mi avete sopportato, è segno che mi avete amato”, noi gli possiamo rispondere: “non ci ricordiamo più di averti sopportato, e ora ti amiamo come allora”.

Abbiamo capito che l’amicizia non è qualcosa di accidentale, ma una dimensione fondamentale del vostro rapporto con noi.
L’esperimento ha, è vero, i suoi limiti. L’aspetto, si sa, può ingannare, e in molti casi inganna. Ma ci si accorge presto se qualcosa non torna. Nel volto, nel modo di fare, qualcosa che ha nulla a che vedere con quella sorridente cordialità che mette le cose a posto e dà il la, come il diapason.
Don Rossi dice che per imparzialità bisognerebbe estendere l’esperimento anche alle mogli degli ex-allievi.
E allora, come nei racconti delle fate, comparirebbero splendide e sorridenti principesse.

In sostanza, la stretta di mano con voi non è un esame politico-diplomatico, ma la nota, chiave di tutta un’armoniosa tastiera toccata dal vostro aff.mo

Col Tempo e col Po Aprile 1985