Don Saulo Capellari

Cristianesimo senza Chiesa?

“Io sono cristiano, ma non mi riconosco in nessuna Chiesa, e tanto meno nella Chiesa cattolica, così autoritaria e tradizionalista”.
Tale affermazione indubbiamente impressionante, ha il suo quarto d’ora di gloria in questa primavera in cui, per non so quali ossessioni ghibelline, sta risvegliandosi tutta una corrente di vecchio anticlericalismo. Questo slogan si diffonde con facilità, come la propaganda politica o la vendita di un prodotto commerciale, nella mente di un popolo che ha abbandonato le sue antiche pratiche religiose.Non si tratta di odio contro la religione, ma non è nemmeno la dichiarazione di chi conosce l’inquietudine della ricerca. Non voglio dire che manchi la buona fede, però arriva a creare verso ogni istituzione religiosa un clima di latente ostilità, nella cui prospettiva la Chiesa non dovrebbe far altro che scomparire.

Il Problema

Cerchiamo prima di tutto di rispondere a una domanda fondamentale.
Gesù Cristo volle lasciare l’interpretazione della sua dottrina come sogliono fare i filosofi o i letterati, oppure si preoccupò di creare un corpo sociale che ne fosse come il custode e il divulgatore?
Incominciamo intanto ad osservare che Gesù Cristo non fu né un letterato né un filosofo. Egli non volle fondare una nuova filosofia, ma lasciò un modello di vita e diede un complesso di norme che dovevano incarnarsi nella realtà.
La domanda: Gesù fondò una Chiesa? si risolve in queste altre due: Gesù volle che tra i suoi seguaci ci fosse un’autorità, ossia una legittima facoltà di comandare? E questa autorità la diede realmente ai primi apostoli?
Problema discusso, e si capisce, perché mette in causa i fondamenti della Chiesa cattolica attuale.
Vediamo pertanto di dare una risposta ragionata con lo studio dei fatti.
Riferendoci ai documenti del Vangelo leggiamo queste parole: Andate e predicate a tutte le genti. Chi ascolterà voi ascolterà me. Chi riceve voi riceve me. Come il Padre ha mandato me, così io mando voi.
Queste ed altre espressioni di Gesù Cristo sono rivolte agli Apostoli. Il fatto di averli scelti e di aver affidato a loro un incarico, dimostra come abbiano ricevuto da Gesù stesso l’autorità per esercitare la loro missione.
Un importantissimo documento di indiscutibile autenticità, gli Atti degli Apostoli, scritto nel primo secolo, rappresenta un ambiente nel quale gli Apostoli e i fedeli si muovono in questi due distinti piani: uno di comandare e insegnare e uno di obbedire e imparare.
Nasce per esempio una controversia sulla necessità per un pagano di farsi ebreo prima di diventare cristiano. Non è l’assemblea dei fedeli che discute e decide, ma il collegio degli Apostoli, e la risposta è data con i termini di una riconosciuta autorità: “È parso bene allo Spirito Santo e a noi di non imporvi il peso delle prescrizioni mosaiche”.
Si tratta un’altra volta di provvedere all’aumentato numero dei poveri ai quali deve pensare la comunità di Gerusalemme? Gli Apostoli invitano il popolo a proporre sette fedeli degni di stima e di fiducia. A questi, non il popolo, ma gli Apostoli, conferiscono con il rito dell’imposizione delle mani, l’autorità e l’ufficio di diaconi.
Saulo di Tarso, divenuto apostolo per diretto incarico e rivelazione di Gesù, va a Gerusalemme per riferire a Pietro dei suoi viaggi e delle sue missioni. Di più ancora.
Quando San Paolo ha fondato le comunità dei fedeli, provvede subito a stabilirvi una gerarchia. Nella comunità di Creta lascia come vescovo Tito, suo allievo. Nella comunità di Efeso lascia Timoteo. A ciascuno dei due scrive una lettera, che noi conosciamo, dando precise norme sulle qualità che deve avere un vescovo, e comanda loro di non aver fretta di imporre le mani ad alcuno, cioè di badare a quello che fanno quando conferiscono a qualcuno un incarico e un’autorità.

Le conseguenze

Gesù aveva gettato le basi istituendo i “dodici”. Lasciò ad essi il compito di continuare la sua opera. Ed essi trasmettendo ad altri la loro autorità, stabilirono in Oriente e in Occidente le prime comunità di credenti, le quali, per mezzo dei legittimi vescovi e presbiteri, ne stabilirono a loro volta altre. Questo fatto proseguì per secoli, fino ad oggi, malgrado le divisioni dei tempi moderni.
Nessun studioso delle origini del cristianesimo potrebbe dimostrare che la prima fase della vitalità apostolica si possa ridurre a una individualistica e indeterminata relazione personale col Cristo dei Vangeli.
Il cristianesimo fin dai suoi primi decenni fu preghiera, fede comune, rito eucaristico, ma fu anche autorità e disciplina, per mezzo delle quali un insegnamento autentico può essere predicato agli umili, gridato in faccia ai potenti.

Che cosa è la Chiesa

Se la Chiesa però fosse solo un’organizzazione sociale, i cristiani sarebbero semplicemente uniti da interessi e scopi. Ma essa è qualcosa di molto più grande e di diverso. L’organizzazione, le leggi, la disciplina sono cose relativamente secondarie in confronto all’intima e spirituale unità della Chiesa.
È stato osservato che la Chiesa è un organismo animato dalla vita stessa di Cristo, che le ha donato il suo amore. Per questo la Chiesa è anche chiamata Corpo Mistico di Cristo.
La storia della Chiesa dimostra l’evidenza di un principio organizzativo che si afferma e si complica quanto più si estende il Corpo Mistico di Cristo. In effetti la Chiesa compie un continuo sforzo per costruire il Regno di Dio sulla terra con un ripetersi di buone intenzioni, terminate in conquiste e in errori drammatici.
Ma ciò che la tiene sulla strada giusta non è la potenza politica, nè la scaltrezza diplomatica, o i prudenti finanziamenti. La Chiesa nella sua più ideale espressione non è un intreccio di interessi, ma una famiglia, il Popolo di Dio, che altro tesoro non ha da dividere che l’amore di Cristo.
L’organizzazione esterna però, pur partendo da punti fermi, conosce mutazioni storiche e sociologiche. Trascuro volutamente di parlare del vario porsi e articolarsi delle relazioni tra gerarchia e comunità, e del tipo di relazione tra laici ed ecclesiastici. I pareri dei teologi sono sull’argomento, molto diversi, mentre è in atto un dinamismo di avvicinamento, favorito dalla vivacità intellettuale di uomini culturalmente rappresentativi.
I credenti si uniscono spontaneamente nella chiesa sotto l’autorità di un capo visibile che rappresenta Cristo in terra. A Cesarea, tornando, Gesù fece quella stranissima domanda agli Apostoli: Chi dice la gente che io sia`? E voi cosa dite? Il più umano, il più peccatore, il più santo di tutti gli Apostoli, Pietro, affermò prontamente: Tu sei il Cristo. E Gesù gli rispose: Innalzerò la Mia Chiesa su questa Pietra.

Gli attacchi

Un istante di venti secoli è trascorso, e la Chiesa è ancora attaccata da forze ostili, con furore, e, il che è peggio, con ipocrisia.
Alle vecchie accuse che la Chiesa con i dogmi, umilia la libertà del pensiero, e che annulla la persona in una organizzazione religiosa, si aggiunge l’attacco a fondo di Carlo Marx, che la religione produce l’alienazione dello spirito.

Senza dubbio quest’ultimo geniale contributo della storia del pensiero ha una certa crudezza, ed è uno strumento tagliente della critica marxista. Ci si può d’altra parte domandare se non è proprio là dove il marxismo ateo si è impostato, inaridendo alla fonte lo spirito religioso, che l’uomo ha raggiunto il grado di alienazione dei movimenti di massa. Il martellamento degli slogan, come il fragore di migliaia di uomini in marcia, non produce che dei fanatici alienati dalla personalità umana. Nulla è così opposto al cristianesimo, e più deleterio del fanatismo, aggressivo e vendicativo.

Incredulità di credenti

Quale relazione dunque passa tra cristianesimo e Chiesa cattolica?
Se Gesù è il divino fondatore del cristianesimo e se Egli volle la Chiesa come mezzo di partecipazione alla sua vita e al suo amore, come si può essere cristiani senza appartenervi?
Se voi, cari amici exallievi, avete “trovato Cristo” come abbiamo cercato di indicarvi, entrerete in comunione fraterna con quelli che hanno i vostri medesimi sentimenti, le vostre aspirazioni, i vostri ideali, la vostra fede.
Dal momento che voi avete trovato Cristo, dove potrete possederlo stabilmente se non in seno alla Chiesa da Lui stesso voluta come mezzo di redenzione?
Il rapporto tra cristianesimo e Chiesa è certamente un rapporto da studiare e magari da discutere. Sentitelo come compito urgente che richiede di essere adempiuto dovunque esiste una parrocchia cattolica, una scuola cattolica.
Non è un compito facile.
Ma uno dei motivi che danno valore alla vostra cultura, è proprio questa attenzione, portata sui grandi temi della storia e dello spirito, che sono alla base dell’istruzione religiosa, oggi così discussa in Italia.
In questa Italia cercata dalla vela di Enea, che portava a bordo gli Dei fuggiaschi di Troia; raggiunta dalla vela di Paolo, che aveva a bordo Cristo perseguitato e crocifisso. L’Italia, “stirpe divina, gente regale” Lo accolga in casa sua e gli offra degna dimora.

La notte per capire il giorno

Per comprendere il particolare valore che i musulmani, ossia i seguaci della religione Islamica, danno al Corano, è necessario ricordare che questo libro contiene il messaggio che l’Arcangelo Gabriele comunicò a Maometto.
Nel Corano si possono distinguere quattro componenti: la prima è costituita dalla tradizione araba precedente a Maometto, poi vi è la tradizione giudaica, quella cristiana, e infine l’islamica, che costituisce l’elemento nuovo introdotto dal Profeta.

Maometto ebbe conoscenza diretta e profonda degli Arabi, avendo avuto il modo di percorrere la penisola in lungo e in largo.
Tuttavia nel Corano gli eventi storici non sono mai narrati, ma soltanto vagamente ricordati, allo scopo di far accettare il contenuto del messaggio rivelato.
Una sola figura dell’antichità è richiamata: quella di Alessandro. Maometto gli attribuisce un valore esemplare, esaltandolo come uomo di Dio, perché era stato severo con i reprobi e mite con i giusti.

Maometto ignorò completamente la storia romana. Ed è comprensibile, perché al suo tempo i romani erano i Bizantini. Di questi parla con simpatia ricordandoli, come uomini di fede. Il giudizio di Maometto sulla storia araba prima di lui, è del tutto negativo. I regni erano giunti a grave disordine con crisi economiche e frantumazioni politiche.

Per Maometto questa era la prova della triste fine alla quale sono destinati coloro che non sono riconoscenti a Dio per i benefici ricevuti. Tipica la rovina della grande via carovaniera che avrebbe dovuto portare sicurezza e benessere agli abitanti della penisola, e invece gli arabi l’avevano usata come strumento di vessazione contro i commercianti, esigendo tributi sempre più gravosi e depredando i viaggiatori.

Dell’antico costume arabo Maometto conservò la schiavitù e la poligamia; sebbene con qualche restrizione. Fomentò l’atavico orgoglio dell’arabo che non vuol perdere la faccia. Condannò con linguaggio violento e minaccioso, l’idolatria e il politeismo, cui incombe l’inevitabile punizione divina.
La Kaba, casa di Dio alla Mecca, mantenne un’importanza primaria come luogo di traffici e di preghiera. Sacro luogo, dove si rinnova la fede islamica: la nuova forza religiosa predicata da Maometto: accettazione cieca e passiva della volontà divina da parte del credente.

Con questa concezione religiosa, l’Islam opera evidentemente nel senso della radicalizzazione e dell’integrismo, rendendo difficile e quasi impossibile, a livello di persone e di gruppi religiosi, il dialogo. Che è una delle più belle gemme del genio greco, acquisita dal cristianesimo.
La grande civiltà araba che precede Maometto e per la quale egli ebbe solo parole di disprezzo, è caduta nella notte dell’oblio, ed è ormai perduta per il mondo. Anche in questi anni le autorità musulmane frapposero ostacoli e divieti ad ogni tentativo di sistematiche esplorazioni.

E’ il caso forse unico nella storia. di un popolo che mostra non soltanto di rifiutare il suo passato, ma di volerlo ignorare e distruggere.
Questo rifiuto va attentamente interpretato per comprendere le implicazioni psicologiche che allontanano le nazioni arabe dal mondo occidentale.
I musulmani sono stati conquistatori di grandi spazi della comunità umana, hanno esteso il loro impero dall’Arabia all’Afganistan, dalla Persia al Marocco. Hanno distrutto per sempre grandi città greche (Costantinopoli, l’ultima grande bellezza ancor viva dell’Europa classica, scompare dalla scena del mondo).

Hanno trasformato chiese cristiane in moschee (Santa Sofia, trasformata in moschea, è un orribile cosa). Hanno ignorato Cristo, non hanno conosciuto san Paolo, per il quale Dio non fa particolarità verso nessuno. Paolo e gli apostoli di Cristo hanno annunciato la fraternità cristiana agli ebrei come ai greci e non fecero nessuna distinzione tra romani e barbari.

La fraternità sarà una delle parole-chiave delle grandi rivoluzioni.
È la linea lungo la quale si svolge la storia dell’umanità.
La nostra cultura ci rende persuasi che nessuna civiltà è destinata a durare se non è offerta a tutti.

Saulo Capellari

Don Capellari, cosa ne pensa lei del “caso Rusdie?”

Non è facile farsi un’opinione precisa quando il chiasso attorno a questo “affare” è stato sproporzionato all’entità del fatto stesso. […] Ma perché tanto chiasso? Perché ha offeso una grande religione, e una religione non si deve offendere. […] Non si vuol fare del razzismo, ma si rimane allibiti davanti a una religione che comanda la vendetta omicida. […] L’attenzione dei mondo è cosi stata richiamata a rimeditare, con grande disagio, una religione e il suo Profeta. Così, invece di condannare il romanzo, si arriva a deplorare la patologia religiosa su cui il romanzo è costruito. […]
La sostanza dell’islamismo è la sottomissione incondizionata e cieca alla volontà di Dio. Ma chi presume di sapere quale sia la volontà di Dio? “Dio lo vuole” è una parola che può spingere all’eroismo, ma fa anche paura quando è in bocca a un fanatico.
Merito indubbio di Maometto fu quello di fondare la religione su un Dio solo. Altro merito fu quello di aver unificato un popolo mediante una profonda idea religiosa. Questo popolo va rispettato nella sua credenza anche se per noi è molto confusa.
Il caso Rushdie può insegnare a non prendere pretesto dalla religione per fare una costruzione romanzesca e blasfema. A sua volta l’islamismo non deve spingere il fanatismo fino a una nuova guerra santa, che oggi non avrebbe proprio senso.
Gli occidentali farebbero una cosa più giusta a non pubblicizzare ciò che offende una religione, anche se lontana dai loro sentimenti e dalla loro filosofia.