Scuola non statale, libertà non privilegio

Al vento della riforma

Chi ha consuetudine con il mondo della Scuola e soprattutto chi è persuaso che la Scuola ha una grande missione da compiere, segue con attenzione e preoccupazione l’iter della legge che il Parlamento dovrà varare per una nuova e definitiva riforma di contenuti e di programmi.
Da dieci anni il decadimento delle istituzioni scolastiche è stato così rapido che molti tra gli uomini più capaci e più attivi si sono disinteressati dell’insegnamento, operando fuori della Scuola, mentre altri, piuttosto mediocri, hanno conquistato un posto pensando allo stipendio. Bisogna riconoscere che non pochi di quelli rimasti, sperano di rimettere ancora in onore l’intelligenza, ma qualcuno ha anche gridato che la Scuola è definitivamente rovinata.

Per ora c’è da augurarsi che non accada ciò che accadde ad altre leggi scolastiche che furono riformate, cioè peggiorate da circolari e regolamenti successivi. È sufficiente infatti notare come in vista dell’esame di maturità, la scuola media superiore si è trasformata in organo di pura e semplice preparazione a questo esame finale, quando non si esaurisce in affannosa e scaltra ricerca di un titolo svalutato.
Considerando le idee centrali del progetto, ci si trova di fronte a una grande riforma amministrativa e burocratica dell’insegnamento. Ogni Partito, e ciascuno, nel Partito, esperto o no, ha presentato con fervore i propri rimedi.

Non diffido di questo fervore. Mi aspetterei tuttavia di trovare, almeno nelle riviste specializzate, non solo proposte o critiche su aspetti particolari della riforma, ma studi approfonditi sul principio fondamentale della libertà della Scuola, con l’impostazione stessa del problema scolastico in Italia: quello dell’equilibrio tra gestione statale e gestione non statale.

L’aria che tira

Che cosa significa libertà della Scuola? Che la Scuola deve rispondere al diritto di ciascuno di scegliere la propria cultura e di educarsi liberamente in essa.
Non si mette in dubbio il dovere che ha lo Stato di istituire sue scuole. La Scuola statale è un patrimonio insostituibile della Società italiana, che va difeso e valorizzato, Ma concentrando in suo potere ogni programmazione, controllo e sanzioni, lo Stato trasforma insensibilmente tutta la Scuola da organismo sociale in organismo esclusivamente statale che viene ad avere una superiore e assoluta autorità.
Così la libertà offerta oggi alla Scuola non statale, si risolve in una riconosciuta legalizzazione, o, come era antecedentemente, e come sembra in futuro, in una formula ambigua di parificazione che pianifica statalmente ogni organico scolastico.
Lo Stato deve garantire agli enti culturali l’esercizio della libertà. Ma in che modo, se sostiene con l’enorme potenzialità del denaro di tutti i contribuenti, unicamente quegli alunni che frequentano le sue scuole? Non è questa forse una ingiusta discriminazione a danno dell’uguaglianza democratica? E non c’è latente il rischio che la gratuità diventi una difesa dalla competitività?
Da parte loro le scuole non statali devono chiaramente offrire la garanzia della propria capacità di esercizio dell’insegnamento nella libertà, e avere il coraggio di distruggere ogni privilegio, compreso quello di non vendere per un piatto di lenticchie la propria autonomia.
Fintanto che sono al potere uomini che hanno il senso della libertà, tutte le Scuole inquadrate nella disciplina dello Stato possono mantenere una certa fisionomia di organismo sociale. e in Italia una discreta libertà non è mai mancata, almeno sul piano empirico. Ma temo che domani, in mano ad altri uomini, questa libertà possa mutarsi in sopruso statale non solo, ma che la libertà di giudizio e di critica di fronte allo Stato, sia condannata come se fosse un arbitrio.
Nel 1860, in seguito a una ispezione scolastica, Don Bosco si trovò in difficoltà. Chiesto un colloquio col Ministro Farini che voleva chiudergli le scuole, ebbe il coraggio di dirgli in faccia queste gravi parole: “Ho scritto una Storia d’Italia. Non avrei che da aggiungere un capitolo. Dirò a tutto il mondo come vi sia stato un Ministro del Regno il quale impiegò la sua potenza nello spaventare i ragazzi di un Istituto di carità per ridurlo al niente”.
Fu l’immediato intervento personale di Cavour a salvare la scuola di Don Bosco.

Il sibilo del vento

C’è un punto di partenza che ci divide, prima e al di sopra di ogni riforma. Il motivo di dissenso sta nel concetto della natura stessa e della funzione dello Stato.
Nel secolo XVIII alcuni filosofi illuministi formularono la teoria che la volontà generale è l’unico giudice della moralità e della libertà. Ora, poiché la volontà generale è rappresentata dallo Stato, quando questo si identifica col sistema politico dà origine a quella democrazia popolare totalitaria che ebbe nei giacobini e nei Robespierre di tutti i tempi i suoi non innocui fautori.

L’affermazione che gli individui hanno diritti solo come cittadini di uno Stato, ha inquinato molte dottrine politiche, compresa quella della laicità dello Stato, e rivive ancora nella Scuola sotto forma esplicita o sottintesa, “tutto nello Stato”. Vecchia ideologia pseudodemocratica che fa dello Stato la fonte della libertà e della moralità, che non riconosce la distinzione tra moralità e legalità, livellatrice di tutte le intelligenze, matrice del falso principio: “è legge, dunque è giusto”.
Perché se sia lecito o no, per esempio, uccidere un uomo prima che sia venuto alla luce, non devo chiederlo allo Stato, ma alla mia coscienza, che è antecedente allo Stato e in base ad essa devo giudicare lo Stato e le sue leggi.

Nuvole rosse e nere

La laicità dello Stato può essere una garanzia di libertà? Nell’attuale sviluppo storico della società è evidentemente inammissibile uno Stato confessionale cristiano, ma neppure uno Stato confessionale ateo marxista o laicista. La laicità dello Stato è raggiunta a livello di società nella libertà dei singoli e nel confronto tra impostazioni diverse di pensiero e di vita. Una garanzia di libertà è quindi rappresentata dal pluralismo, non come contrapposizione rissosa di ideologie, ma come metodo da applicarsi all’esistenza di diverse istituzioni.
Lo Stato è veramente laico quando l’apparato mediante il quale esercita il potere, consente ai cittadini effettiva ed efficace libertà di scelta, non quando impone una ideologia che si pretende neutrale, come se simile operazione non fosse essa pure ideologica.
Quale posto pertanto potrebbe avere l’istruzione religiosa in senso lato, considerata non come un complemento, ma come un elemento essenziale dell’istruzione e quindi dell’insegnamento?
Perché per i laicisti la Religione è una faccenda di ornamento tradizionale (quante volte vediamo atei imperterriti alle cosiddette “Messe ufficiali”), che può essere tollerata, perché il Vangelo è ciò che l’uomo ha trovato di più utile per mettere l’ordine sociale, e il divino è un vago sentimento dell’evolversi e del fluire di tutte le cose. La laicità della Scuola si risolve sovente in un compromesso di agnostici, anche se ammettono che la cultura deve molto alla Chiesa, che fondò scuole in ogni tempo e in ogni parte del mondo, (non ultimo Don Bosco che prescrisse di insegnare nelle scuole salesiane all’estero, insieme al mestiere, anche la lingua italiana). Ma il beneficiato morsicò la mano al benefattore, come è costume dei capi clan.
Come possono i giovani trovare una risposta alle loro inquiete domande se una Scuola laicista offre questo rimedio: cercare continuamente la verità con la convinzione di non trovarla mai?
Quanto è più contraddittorio il quadro culturale, tanto più si ripercuote negativamente sui giovani che per situazioni storicosociali vivono in un clima di estrema aridità spirituale che li sospinge alla ricerca febbrile del benessere, dimenticando che l’uomo non vive di solo pane.

L’ombra della sera

Noi siamo persuasi che la Scuola è formazione di attitudini intellettuali e morali, e anche emotive, conseguenti alle verità presentate, e in gran parte legate a noi stessi che le presentiamo e che abbiamo non solo il dovere di possedere una eccellente competenza professionale, ma anche quello di mostrare qual è la forza educativa della disciplina che insegniamo, il valore della dottrina che professiamo. e la grandezza del Maestro divino che ci guida.

Con duri sacrifici e grandi sforzi, che trascendono qualsiasi valore economico, abbiamo creato questa nostra Scuola di Lombriasco, con la certezza che l’educazione non è possibile in una Scuola che non possieda la coerenza delle idee e delle azioni, e con la fiducia che la nostra Scuola sia un effettivo luogo d’incontro per una sintesi critica dei valori umani e religiosi che danno senso alla vita.

La nuova Riforma della Scuola media superiore ci trova pienamente d’accordo a patto che non lasci problemi e contrasti irrisolti. È dunque necessario conoscere primo, se lo Stato favorisce o comprime la libertà della Scuola; secondo, che siano ben chiari i limiti oltre i quali la Scuola di Stato trasgredirebbe la sua stessa legittimazione. Perché anche la Scuola non statale. sorretta dalla legge onestamente formulata e lealmente applicata, deve poter vivere e svilupparsi nell’interesse della società.

Dinanzi a una Riforma che ignora o concede una libertà limitata e angusta, quasi fosse un privilegio o una supplenza, vediamo tramontare la speranza di contribuire a formare con iniziativa e vitalità rinnovate, le nuove generazioni.
Quelle generazioni alle quali appartenete anche voi, giovani amici exallievi.

Dalla lettera ai genitori
24 maggio 1963

…Anche gli insegnanti negli ultimi giorni assommano tutti gli sforzi non solo per portare gli allievi ad ottenere un diploma più o meno significativo, ma a formare e confermare nei giovani la convinzione che i valori proposti nella scuola continuano a valere nella vita, le cui vie sono aperte a chi sa rendere testimonianza alla verità e alla carità. Poi si imporranno il pensoso raccoglimento di chi sente che non può assolvere degnamente ed imparzialmente una responsabilità, se non l’assolve con l’aiuto di Dio. […] Ma, al fondo dell’amarezza dei mancati successi, risalta spesso la scoperta che il giovane ha giuocato di equilibrio fra la casa e la scuola, creandosi una specie di doppia vita, per tenere a debita distanza l’una e l’altra, e illudere più facilmente e l’una e l’altra.
Il distacco tra insegnanti e alunni, quasi che tra maestro e discepolo corra solo un rapporto professionale da capo ufficio a subalterno, è in relazione all’altro distacco tra padri e figli, e a quell’altro non meno grave tra famiglia e scuola. […] Il valore degli educatori, che dovranno guidare gli alunni senza sovrapporsi alla loro spontaneità, rimuovere gli ostacoli incoraggiando alla riuscita, riscattare gli scolari dalla carenza della comunità da cui provengono. Un lavoro così impegnativo diventa uno dei più nobili servizi sociali. […]
Alle volte è posto pure il dubbio che l’educatore religioso, formato e convivente in un mondo diverso da quello dei suoi scolari, non sia poi in grado di conoscerne e capirne la mentalità, dimenticando che proprio il distacco dalle lusinghe terrene rende più facile la serena distinzione fra la varietà dei beni, per guidare a quelli incorruttibili. […] 1 nostri Collegi si chiamano Istituti proprio perché dotati di una scuola che poggia su una costruzione giuridica, quindi sono enti pubblici che rilasciano diplomi a chi ha seguito le leggi e pagato le tasse. […]
Nè il Collegio può ignorare il progresso della vita civile: sarebbe illusione e presunzione voler salvare il Collegio di oggi come quello di ieri: una struttura non può essere presa in blocco da un secolo e imposta ad un altro. E come per una parte il Collegio deve perdere tutto ciò che sa di ricovero, ospizio, orfanotrofio quasi vivente sulla degnazione caritativa degli abbienti, cosi non deve diventare un fenomeno di investimento commerciale, che invece di educare, contribuirebbe in gran parte a corrompere, nella confusione che avviene quando i princìpi ideali coincidono con gli interessi. […]
I numerosi amici di Lombriasco conserveranno la loro pregiata considerazione a questa Casa, perché la loro stima non deve essere legata a una persona, ma all’Istituzione e a Don Bosco. […] Mentre scrivo si fa la benedizione dei campi. Un canto lento avanza, si diffonde per tutta la campagna e si perde tra i boschi del fiume. La terra rinverdisce; poi, nella pienezza dell’estate darà il frumento nuovo, le pere, le pesche, i meloni e le more degli ultimi gelsi. Nel ripetersi uguale delle stagioni e delle opere, come il fiume corre il tempo.

Un altro anno di lavoro scolastico è proprio passato. Perché non si perda nel tramite di ogni cosa mortale, facciamoci il segno della Croce, che è l’unico modo di arrivare direttamente alla radice del disegno misterioso della Provvidenza sulle cose e sugli uomini, e adorarlo – nel silenzio e nella speranza -. Con stima.

Dev.mo obbl.mo
Sac. Saulo Capellari
Direttore
2021-04-23T16:31:32+02:00Aprile 22nd, 2021|